Il conflitto è parte integrante di ogni relazione: poiché tutti noi siamo diversi per idee, temperamento, desideri ed esperienze, è naturale ed è anche sintomo di una relazione sana che ci siano dei disaccordi e delle tensioni tra due o più persone.
Il conflitto può essere definito come un contrasto tra due o più persone, delle quali ciascuna mira a un obiettivo interferente o antagonista con il soddisfacimento dell’obiettivo dell’altro.
Tipi di conflitto
I conflitti, siano essi all’interno di relazioni professionali e/o affettive, possono essere riassunti in tre tipologie:
- conflitti semplici: situazioni di incompatibilità tra la realizzazione dei miei obiettivi e quelli di un’altra persona, divergenze per gusti o sensibilità, per linee di condotta, mentalità e valori, condotte di esclusione ed isolamento;
- pseudo-conflitti: incomprensioni dovute ad una comunicazione inefficace, a percezioni e interpretazioni diverse di un evento; in questi casi, quando non segue un chiarimento ma si evita il contatto, le persone coinvolte costruiscono ipotesi sul comportamento degli altri ed è facile che possa derivarne un conflitto;
- conflitti Io: in una situazione apparentemente serena, una persona percepisce una minaccia al proprio Io, e si coinvolge emotivamente al punto da andare contro gli altri per proteggere se stessa, attivandosi di fronte alla minaccia percepita.
Alcune convinzioni irrazionali
Sebbene in molti riconosciamo che il conflitto possa essere un’occasione di crescita e di miglioramento della relazione, in termini di maggiore intimità e comprensione reciproca, l’esperienza del conflitto è spesso vissuta come una situazione problematica, negativa e spiacevole, da risolvere il prima possibile per ristabilire un clima sereno. A questa concezione del conflitto si accompagnano spesso delle convinzioni distorte o irrazionali, ad esempio sulla natura distruttiva del conflitto o sulle sue conseguenze catastrofiche.
- se c’è un conflitto, la relazione è distrutta
- in famiglia non bisogna mai litigare
- se mi arrabbierò, perderò sicuramente il controllo
- arrabbiarsi è inutile
- in un conflitto, devo sempre vincere
- l’altro deve ammettere che io ho ragione
- è colpa tua, sei tu che mi fai arrabbiare
- è ingiusto che l’altro si arrabbi con me
Possiamo accorgerci dell’irrazionalità di una nostra convinzione dall’assolutizzare i comportamenti con “mai” e “sempre”, dall’imporre dei doveri a sé o all’altro, dal catastrofizzare le conseguenze temute e dal deresponsabilizzarsi.
Se ti riconosci in queste o in altre convinzioni simili, è probabile che l’idea di litigare e gestire un conflitto sia fonte di timori e di preoccupazioni, o di un’ostilità tale verso l’altro da far sembrare il conflitto irrisolvibile.
Stili di fronteggiamento del conflitto: libertà e permessi
Per risolvere un conflitto, è importante innanzitutto riconoscerne l’esistenza, dando valore e importanza alla situazione e alla relazione. E’ poi fondamentale che persone coinvolte si diano libertà e permessi, nel rispetto di sé e anche dello spazio e della libertà dell’altro. Tra questi permessi, alcuni sono essenziali:
- posso sentire la rabbia e accogliere le informazioni che mi dà;
- posso legittimare la mia rabbia e quella dell’altro;
- posso scegliere se, come e quando esprimere la mia rabbia nel rispetto di me e dell’altro;
- posso darmi il tempo di cogliere delle opzioni e condividerle con l’altro;
- mi riconosco la capacità di attuare le opzioni;
- posso dire “no” definendo un chiaro limite e confine;
Infine, è importante anche considerare che l’altro possa non essere disposto ad un chiarimento, o accettare che alcuni conflitti non siano risolvibili nella modalità che io avrei desiderato. Accettarlo è possibile avendo accolto i miei bisogni e avendo dato voce ai miei diritti, e presuppone anche che io possa accettare appieno la libertà dell’altro di dire no e fare scelte diverse dalle mie.
Quali opzioni nella gestione di un conflitto?
Seguendo la proposta teorica di Thomas e Kilmann (1974), individuando due dimensioni essenziali in un conflitto – la collaboratività e l’assertività – è possibile individuare cinque opzioni o stili di gestione di un conflitto: competere, evitare, collaborare, essere accomodanti e cercare il compromesso.
- Competere: nel conflitto il mio obiettivo è vincere, indipendentemente dalle ripercussioni negative; competere è utile nelle situazioni etiche, ma se assunto frequentemente può danneggiare la collaborazione o la relazione stessa.
- Evitare: scelgo di non affrontare il conflitto e prendo distanza; è utile come strategia temporanea, ad esempio se sono emotivamente carico o non ho il tempo da dedicare al conflitto, ma se lo evitassi in modo permanente, il conflitto potrebbe peggiorare.
- Essere accomodanti: metto da parte i miei bisogni per assecondare quelli dell’altro; se la posta in gioca è bassa, può essere utile essere arrendevoli per accelerare i tempi di risoluzione, se usato invece in ogni situazione, significherebbe svalutare sé e i propri bisogni.
- Compromesso: cedo su alcune posizioni purché lo faccia anche l’altro; è utile se cerco una soluzione rapida e se il problema non è complesso, ma se usato rigidamente in ogni situazione può alimentare insoddisfazione e nuovi conflitti.
- Collaborare: mi confronto con l’altro e insieme troviamo una soluzione nuova e positiva per entrambi; il limite della collaborazione è che richiede molto tempo e la fiducia reciproca, e non è applicabile in tutte le situazioni.
Ognuno di noi ha una strategia “preferenziale”, e ad una prima lettura si potrebbe pensare che alcune siano migliori di altre: nessuna delle strategie è in assoluto la migliore, né la peggiore, soprattutto se usata rigidamente in ogni situazione. Uno stile di fronteggiamento flessibile è una risorsa che aiuta ad fronteggiare tante situazioni conflittuali diverse.